mercoledì 11 settembre 2013

I curiosi casi di Mazavara


Titolo | I curiosi casi di Mazavara
Autore | Elena Maneo ISBN | 9788893323239
Prima edizione digitale: 2016
© Tuttiidirittiriservatiall’Autore Youcanprint Self-Publishing
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Celato nell’armadio Parte 1

Qualcosa di piccolo e verde se ne stava timidamente nascosto in un angolo del frigorifero. Sembrava avesse paura di essere toccato o mangiato. Poteva essere un pisello, una cimice, un rimasuglio d’asparago oppure una grossa oliva da gustare. Qualunque cosa fosse di sicuro era lì da un po’ di tempo, e forse non era neanche cibo. Nel frigo di Jed Mazavara la roba buona da mangiare durava poco, molto poco. Ma non era solo il freezer a contenere cose diverse dal solito. Ad esempio, nella credenza in cucina c’erano una serie di oggetti grandi come bussole accumulati sopra il tavolo che davano l’impressione di attendere il momento giusto per cadere e spaventare il padrone di casa. L’armadio nella stanza da letto era pieno zeppo di camicie e capi orientali nuovi di zecca dai colori chiari e vivaci. Nell’armadietto in bagno (di solito usato per accessori toilette) vi erano posti una collezione di occhiali da sole mai visti prima d’ora. Alcuni con lenti bianche e brillanti, altri avevano una forma un po’ singolare, con la montatura serpeggiante e parevano danneggiati. Incastrate in una scarpiera in salotto c’erano alcune scarpe nere, raffinate e sportive. Modelli che richiamavano anche un pizzico di eleganza se accompagnati con uno splendido abito scuro. In un angolo, invece, emergeva un grande appendiabiti, dove un poncho verde era dotato di bottoni trasparenti e splendenti come un cristallo.
Una meravigliosa cornice con rifinitura eccessiva d’oro era messa in bella vista sopra uno scrittoio posto in uno studio poco ammobiliato. Semplice e piccolo, lo studio, non attirava molta attenzione, mentre la foto incorniciata di una ragazzina biondina affascinava. L’aspetto era di una comune ragazza di quindici o sedici anni dagli occhi chiari che sembravano scintillare. Una dolce fanciulla dai lunghi capelli pettinati.
Un drin-drin scosse Jed dall’osservare la cosa verdognola nel freezer. Chiuse il frigorifero e, con passo deciso e felpato, andò ad aprire.
«Sì?»
Jed sfiorò la mano ossuta di un’anziana signora dall’espressione preoccupata. Molto calma, sull’ottantina, con due occhi neri e naso canuto. Aveva labbra sottili e violacee.
«Il signor Mazavata?»
«Mazavara» la corresse il padrone di casa con gentilezza. «Lei chi è?»
«Giovanna Emetter.»
«Prego, si accomodi.»
«La mattina passa così in fretta…» borbottò la nuova venuta. Jed la fece accomodare nel suo studio con aria guardinga e, non appena la visitatrice si degnò di guardarlo negli occhi, le disse:
«Non so se potrò aiutarla.»
La signora diede un’occhiata alla stanza. Esaminò con diffidenza il pesante fermacarte a forma di leone e il bicchiere color indaco sopra una mensolona. Infine, il suo sguardo si posò sulla fotografia in cornice sopra la scrivania.
«Sua figlia?»
«No.»
«Nipote?»
«No.»
«Cugina?»
«Signora…» Mazavara stava perdendo la pazienza. Non era un uomo mansueto e si innervosiva per qualsiasi sciocchezza. Anche se poi, il nervoso, la rabbia e la collera si dissolvevano come smalto per unghie leccato dal solvente cosmetico.
«Mi hanno detto che lei è un indagatore del mistero. È vero?»
«Signora mia, e chi glielo ha detto?»
«Un mio vicino. Il signor Mantinello.»
«Ah! Sì, mi ricordo del signor Mantinello. Aveva perso il cane dentro una cassapanca.»
«Una cassapanca?»
Mazavara scosse la testa. Osservò le mani sottili e fragili punteggiate dalle macchie dell’età della cliente, poi rispose:
«Una storia lunga. Sono consulente indagatore del mistero. Ma veniamo a lei…»
«Che significa consulente?» lo interruppe la donna.
«Uno che consiglia. Se lei vuole espormi il suo problema, vedrò di fare del mio meglio per consigliarla e accompagnarla a casa o dove vuole andare.»
D’improvviso la poveretta scoppiò in singhiozzi. Mazavara le passò un fazzolettino di carta e cercò di rincuorarla.
«La prego… Su, su.»
Jed non aveva molta pazienza, e spesso era diffidente. Tuttavia nei confronti di quella “nonna” non poté fare a meno di avere un comportamento di sostegno.
La cliente si asciugò le lacrime guardandosi intorno, e poi disse: «Ho ragione di credere che la mia vita sia in pericolo.» Tirò su col naso come una bambina che si fosse appena sbucciata un ginocchio nel bel mezzo di una competizione sportiva.
«La prego di raccontarmi con calma perché è convinta di questo» fece Jed iniziando a interessarsi della sventurata visitatrice.
«Sono stata sveglia tutta la notte. Lei deve sapere che, oltre che possedere un’ingente e cospicua somma di denaro, sono padrona di tre appartamenti in via Ponti al numero 92. Ne ho dati due in affitto, di cui uno a una coppia di sposini americani. E proprio questa notte li ho sentiti parlare.»
«E di cosa hanno parlato?»
«Uccidiamola nella casa di sotto.» La testina della cliente annuì vigorosamente. «Sono delle bestie rare!» aggiunse poi allungando una mano verso le labbra sbiadite.
«Senta, io non ho alcuna intenzione di portare coccodrilli in Egitto, è sicura di quello che ha sentito?»
«Sicurissima!»
«È andata dalla polizia?»
«Non mi fido di loro, signore.»
«D’accordo. L’aiuterò.»
Jed aiutò la signora ad alzarsi dalla poltrona e l’accompagnò alla porta, dopo di che disse: «Sarò da lei nel tardo pomeriggio.»
«Via Ponti 92, mi raccomando.»
«Certamente, Giovanna.»
«Cosa significa portare i coccodrilli in Egitto?»
Jed alzò le sopracciglia brune striate di bianco, e rispose:
«Non ci pensi. Vada pure. A dopo.»
Il tardo pomeriggio non indugiò ad arrivare. E Mazavara prima di uscire osservò la cosa accanto a una grossa oliva verde nel freezer riflettendo sul da farsi. L’oliva farcita era da buttare, ma la cosa forse gli sarebbe servita. L’oggetto in questione era una potente bussola che aveva la capacità di trasportare oggetti e persone da un luogo a un altro come il teletrasporto tanto utile agli eroi dei film fantastici di Star Trek. Ma un giorno il gioiello sarebbe tornato nelle mani del legittimo proprietario, sempre se Jed fosse riuscito a rintracciarlo. Ma forse si sarebbe fatto vivo lui, chissà. Lo afferrò con avidità e se lo mise nella tasca dei pantaloni, avvertendo un leggero raffreddamento alla mano. Poi afferrò qualcosa dall’appendiabiti, fece una palla e lo mise in tasca. Straordinariamente ciò che aveva agguantato con foga era un tessuto mimetico: un poncho. Anch’esso apparteneva al personaggio creatore, scomparso chissà dove. Uscì all’aperto e scrutò le casette circostanti con le lucette capaci di creare l’atmosfera di un grande presepe. Si alzò il bavero e si incamminò lungo la strada argentea dove foglie morte volteggiavano come disperati insetti. Il sole ormai si stava lentamente dileguando dietro un cumulo di nuvole ferrigne, e un velo di freddo invernale gli fece venir voglia di spingersi dentro un bar in cerca di qualcuno per una cordiale chiacchierata, ma aveva da fare. La luce dei lampioni in strada accarezzava ogni via, donando un tocco di allegria. E mentre, su nel cielo, un manto scuro si faceva più corvino, Mazavara si avvicinava sempre più a uno strano giardino. Pareva una costruzione di plastica: verdognolo, con mucchietti verdi che dovevano essere alberelli e piccole statue che sembravano cantare e osservare il mondo che le circondava con occhietti visibilmente paglierini. La corsa improvvisa di un ragazzo alto più o meno un metro e mezzo sembrava la parte di un film di fantascienza, e si chiese cosa non andava in quel primo segnale della sera. Jed si fermò davanti a un palazzo cereo, dove le finestre parevano disegni puerili colorate fra l’arancio e il verde.

CONTINUA...